Diritti civili in generale Diritti e libertà nella Costituzione Diritti civili e diritto penale Anticorruzione

Dei delitti……. e delle pene iperaumentate. Contratto di Governo ovvero quando la demagogia invade anche il diritto penale  

Si legge nel Contratto di Governo dell’attuale maggioranza, in piena coerenza con quanto indicato nella campagna elettorale dai partiti ora governativi, che “si deve procedere all’aumento delle pene per i reati contro la pubblica amministrazione di tipo corruttivo” (punto 15 ultima parte del Contratto).

Si tratta, a mio avviso, di misura populista e di adulazione elettorale in quanto le pene per tali reati sono già state aumentate più volte ed in modo notevole nel corso degli ultimi anni.

Si veda, per esempio, l’art. 319 del codice penale che sancisce la “corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio”. Le pena edittale per tale reato era, prima della legge anticorruzione n. 190 del 6 novembre 2012, della reclusione da due a cinque anni. Con la detta legge 190/2012 (Governo Monti) la pena è stata aumentata da quattro a otto anni (art. 1 comma 75 lett. g). Successivamente essa è stata ulteriormente aumentata da sei a dieci anni con l’art. 1 comma 1 lett. f della legge 27 maggio 2015 n. 69 (Governo Renzi). Dunque, in appena due anni e mezzo la pena è aumentata due volte ed in misura più che doppia. Si tratta di sanzione edittale, quindi soggetta ad ulteriori aumenti in sede di giudizio, in caso di aggravanti, fino ad un terzo (16 anni).

Anche per gli altri reati contro la Pubblica Amministrazione si è scelto di procedere ad aumenti sia nei minimi che nei massimi con le stesse normative ora richiamate. Per esempio: peculato fino a dieci anni e sei mesi, concussione fino a dodici anni. Anche in questi casi le pene possono essere aumentate fino ad un terzo in caso di aggravanti.

Negli stessi anni, sempre per effetto della legge anticorruzione 190/2012, sono intervenuti anche i decreti Severino (decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 e 8 aprile 2013 n. 39) che hanno  introdotto ulteriori divieti per il conferimento di incarichi pubblici dirigenziali o per sancire l’incandidabilità a cariche pubbliche in caso di condanne per i reati di che trattasi anche solo per effetto di sentenza di primo grado cioè di una sentenza non passata in giudicato. Il che ha posto non pochi problemi di legittimità costituzionale per il possibile contrasto con l’art. 27 Costituzione che stabilisce la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva.

Alle pene principali sopra richiamate vanno poi aggiunte le pene accessorie per gli stessi reati quali l’interdizione dai pubblici uffici, il licenziamento automatico o cessazione del rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione, il divieto di contrattare con essa,  ecc. ecc.. Si tratta di pene accessorie più che opportune ma che, in termini di afflittività, non sono certamente di poco conto.

Accanto alle sanzioni penali vanno anche considerate le conseguenze civili, quali il risarcimento del danno, spesso di natura erariale, che giustamente obbligano il reo a riparare anche in termini economici alle proprie malefatte.

L’aumento dei minimi edittali, infine, comporta in alcuni casi l’impossibilità di ricorrere ai benefici delle misure alternative alla reclusione quale l’affidamento in prova ai servizi sociali. L’aumento dei massimi edittali  importa anche l’aumento dei tempi di prescrizione ai sensi dell’art. 157 del codice penale.

Dunque il quadro sanzionatorio per chi commette reati di tipo corruttivo è già abbastanza severo e consistente per cui non sembrano obbiettivamente necessari altri interventi. Diceva Cesare Beccaria richiamando Montesquieu : “la pena è legittima soltanto se assolutamente necessaria: altrimenti è tirannica” (Cesare Beccaria “Dei delitti e delle pene – capitolo 2° prima parte , anno 1764 ).

Ora si prospettano ulteriori aumenti senza tenere conto che sulla misura delle pene si deve agire con molta prudenza e non con disinvoltura ai fini di adulazione e consenso elettorale. Ciò non solo perché non è dimostrato che agli aumenti indiscriminati delle pene corrisponda una diminuzione dei reati, ma anche perché si toccano questioni delicatissime quali la violazione del principio costituzionale di proporzionalità, la  giusta misura della reclusione e della sofferenza peraltro in un sistema carcerario nel quale alla pena detentiva si aggiunge sovente la pena disumana della invivibilità carceraria che ne raddoppia il carattere afflittivo (celle sovraffollate, mancanza di lavoro, esposizione a rischi di salute, sicurezza, ecc. ecc.).

Contro la corruzione è facile agire con semplici tratti di penna che aumentano le sanzioni ed è facile accattivarsi le simpatie dell’elettorato che non è certo consapevole di quanto già disposto in materia o ne rimane indifferente. Ma quanto a rispetto della Costituzione ed alla civiltà del nostro Diritto Penale si fanno passi indietro che non sono certo tollerabili.               

 Avv. Ernesto Mancini

 

Pubblicato il: 6 Luglio 2018

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